andrea boffetta
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Adoro viaggiare. Odio incrociare masse di turisti che si dirigono a fotografare le stesse icone cittadine già stampate sulle cartoline. Il mio scopo quando viaggio è quello di perdermi, di non sapere dove sono per scoprire il mondo a modo mio. Fotografo ad istinto ciò che mi colpisce.

London, 2008.
Photos Andrea Boffetta
and Simone Masera.

La mia sensazione è che Londra sia piuttosto schizzofrenica. Mi sembra che Londra sia la città perfetta per osservare il nostro attuale mondo: da una parte la nuova classe rampante di ultra ricchi globali che sfruttano, senza nessuna remora etica, le leggi dei differenti stati nazionali per il proprio beneficio; dall’altra la vecchia classe media, sempre più schiacciata verso il basso reddito e la povertà, e gli immigrati che si difendono attraverso nuovi tribalismi di quartiere. Da un lato Chelsea, Hampstead, Belgravia, i quartieri londinesi con la più alta concentrazione di miliardari al mondo, e la City che, dopo gli attentati del 2001 alle torri gemelle, è diventata il maggiore centro finanziario del nostro globo. Dall’altra Hackney, Camberwell, Peckham zone di sopravvivenza cittadina dove proliferano sempre più la povertà e la violenza. In queste zone le bande urbane, nuove tribù contemporanee, diventano una forma di difesa dal mondo esterno al quartiere, una forma di difesa da quel mondo che se ne frega delle periferie. La mia sensazione è che la società ‘rispettabile’, i politici, gli economisti e chi controlla il potere semplicemente non vede le periferie: come se non esistessero. Per ottenere la residenza in Gran Bretagna basta trasferire in una banca del paese una grossa cifra di denaro. Gli arricchiti dell’era globale traferiscono il proprio domicilio a Londra per sfruttare le agevolazioni fiscali di una antica legge del periodo coloniale. I grandi proprietari terrieri britannici potevano mantenere la residenza in Gran Bretagna e spostare il domicilio fiscale all’estero, centro delle proprie attività. Venivano tassati solo sul reddito che trasferivano in Inghilterra, mentre il grosso dei guadagni risultava esentasse. La legge fu pensata in epoca vittoriana per proteggere i profitti dei proprietari delle piantagioni dell’Impero; la stessa vecchia legge oggi da modo ai nuovi miliardari globali di evadere le tasse nelle loro terre d’origine. Nei ricchi quartieri di Londra si vive al di sopra del resto del mondo, in una realtà patinata dove tutto risplende, dove tutto è uniforme ed ordinato. Passeggiando per queste strade ho avuto più volte la sensazione di poter far parte di questo mondo. Le forme della ricchezza, costantemente riprodotte dai massmedia globali, mi sono diventate così famigliari da confondere la mia realtà con le immagini patinate. La mia immaginazione mi ha illuso di poter essere ricco quanto uno degli abitanti di questi lussuosi quartieri. Questo tipo di fantasticherie genera in me un odio profondo, una rabbia che si trasforma in disprezzo. E’ frustrante tornare coi piedi per terra. E’ difficile guardare in faccia la propria realtà. Mi sorprendo invidioso. La mia è invidia che nasce dal non possedere ciò che vedo attorno a me. Mi fermo, ci penso. Vorrei veramente vivere in questi quartieri? Osservo le persone del quartiere. Ben si distinguono due gruppi: i lavoratori, operai dalle mani callose, coscienziose babysitters, impeccabili autisti, inaccepibili domestici, ed i residenti, ricche giovani, eleganti signori, pensierosi businessman. Silenzio, serietà, ordine, pulizia. Che tedio! Rincomincio a camminare felice di ciò che ho appena scoperto dentro di me: le mie imperfezioni. La mia ricchezza sono le mie imperfezioni, uniche ed irriproducibili. Evidentemente l’invidia non è altro che una mancanza di informazioni sull’oggetto stesso della nostra invidia. A pochi chilometri di distanza, ad Hackney, Camberwell, Peckham la vita cambia. I quartieri ‘poveri’ sono quartieri vivi. Le sorprese, nel bene e nel male, sono continue ed inaspettate: cibi, arte, musica, mercati, oggetti non sono così uniformizzati allo stile globale come nei quartieri dell’alta società. La neccessità stuzzica l’inventiva. La conferma è data dal fatto che gli adolescenti dei quartieri ricchi sempre più vengono influenzati nei loro gusti muscali, nel modo di vestirsi o nei modi di fare quotidiani dalle abitudini dei ragazzi di periferia. L’Hip hop, lo skate, i tatuaggi sono solo esempi di questa tendenza: la creatività arriva dal basso. Ad Hackney la vita, giorno dopo giorno, si fa sempre più dura. Le difficoltà economiche crescenti ed il disinteresse delle istituzioni hanno creato nuovi centri di potere. La criminalità organizzata, dopo essersi globalizzata negli anni novanta, ha gradualmente conquistato le periferie urbane delle grandi città. A Londra proliferano le bande di quartiere che vivono degli enormi profitti del narcotraffico. Aumenta l’insoddisfazione di una società che cerca sempre più la felicità in realtà virtuali parallele alla propria vita: aumenta la domanda di stupefacienti, aumenta la produzione di cannabis, di cocaina e delle anfetamine. Aumenta il business per le organizzazioni criminali. La conseguenza di questo circolo infernale è l’aumento della violenza, valore fondante delle bande metropolitane. Il mio istinto di sopravvivenza tiene le antenne ben alzate ed il mio sguardo evita molti sguardi soprattutto durante le camminate notturne. La tensione si sente eccome. Sono sicuro di poter affermare che vivere tesi è decisamente faticoso: costa molte energie. Cinque giorni in giro per Londra. Ho visto una metropoli che amo con altri occhi, l’ho sentita con altre sensazioni, rispetto al passato: mi sembra più nervosa, più tesa e violenta di un tempo. Fra queste strade vengono esaltate all’estremo le tendenze, le mode, i modi e le forme di vita della nostra società occidentale schizzoide, nervosa, depressa ed impaurita. Mi sono riconosciuto in questa metropoli: anch’io, benestante, benpensante occidentale vivo dentro di me gli stessi conflitti e controsensi che ho provato visitando Londra. Durante il soggiorno inglese ho iniziato a leggere ‘Economia canaglia’ di Loretta Napoleoni, edizione italiana de Il Saggiatore: fra le righe di questo illuminante libro ho ritovato molte descizioni di situazioni e atmosfere che ho visto e sentito nella capitale inglese. Scrivendo questo stesso testo sicuramente ho subito il fascino e l’influenza del volume della Signora Napoleoni.