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Adoro viaggiare. Odio incrociare masse di turisti che si dirigono a fotografare le stesse icone cittadine già stampate sulle cartoline. Il mio scopo quando viaggio è quello di perdermi, di non sapere dove sono per scoprire il mondo a modo mio. Fotografo ad istinto ciò che mi colpisce.
Istanbul, 2007.
Photos Andrea Boffetta
and Simone Masera.
Non amo il turismo e adoro viaggiare. Il turismo di massa uccide la
mia capacità di vedere le cose: non riesco ad apprezzare la Moschea
Blu se devo fare una coda chilometrica per entrare, non riesco a godermi
un bagno turco se sto a stretto contatto con due occidentali
che continuano a commentare la cupola del Haman. Inoltre non
amo andare in giro per una città sconosciuta a vedere i monumenti
che ho già visto stampati miglioni di volte sulle riviste patinate o
sulle cartoline che mi arrivavano a casa: raramente mi colpiscono
quando li vedo dal vivo. Mi hanno rovinato la sorpresa. Sono fatto
così. Adoro respirare l’atmosfera dei luoghi che visito e sono felice di
conoscere tutte le persone possibili del posto in cui mi trovo. Il mio
sguardo si poggia su persone ed oggetti che fanno parte della quotidianità
del luogo. Mi perdo regolarmente, soprattutto perchè giro ad
istinto senza nè cartine, nè guide. Trovo sempre dei luoghi magici,
sconosciuti, che raramente riesco a ritrovare una seconda volta.
Istanbul. Ci sono arrivato leggendo ‘Il libro nero’ di Orhan Pamuk. Il
modo di scrivere del premio Nobel mi sembra abbia molto a che vedere
con la sua città natale: non ha uno stile immediato, se vuoi leggerlo
devi seguirlo, entrare nel suo mondo, iniziare a capirlo
addentradoti nelle sue lucubrazioni per iniziare a divertirti, ad apprezzarlo.
Diventa un viaggio bellissimo fra le righe del libro e fra le
strade di Istanbul, senza distinguere più fra la realtà vissuta e quella
letta. Nessun turista, nessuna struttura per stranieri, nessuno parla
inglese. Siamo quattro occidentali persi nella città dei due mondi,
quello occidentale e quello orientale, per cinque giorni. La gente dei
quartieri, incredula nel vederci, si fa fotografare o viene a prendere
un te, chai, con noi. I bambini ci seguono ovunque schiamazzando.
Sultanahmet, Besiktas, Beyoglu, Fatih, Taxim e chissà che altri quartieri.
I gatti sono i veri sultani della città: nutriti dal palazzo, coccolati
da tutti i passanti, liberi di scorrazzare per tutta città. Se rinasco
sarò uno di questi felini.
Ogni volta che ci perdiamo finiamo sul mare. Occidente, oriente e le
isole. La parte più bella, per noi, è il Bosforo: sembra un fiume ed invece
è un mare su cui navigano enormi navi da carico, traghetti da
sposi o da festa, ferryboat, barche di pescatori o motoscafi di bagnanti.
Sugli argini fra i pescatori, i boxers, i lettori, i villeggianti ed i
tuffatori c’è un allegria contagiosa. ‘E agosto; forse a dicembre è
tutto diverso.
Solo a fine giornata, quando la stanchezza si faceva pesante cercavamo
un mezzo per tornare verso Santa Sofia, nostro punto di riferimento
per orientarci nuovamente.
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