andrea boffetta
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Adoro viaggiare. Odio incrociare masse di turisti che si dirigono a fotografare le stesse icone cittadine già stampate sulle cartoline. Il mio scopo quando viaggio è quello di perdermi, di non sapere dove sono per scoprire il mondo a modo mio. Fotografo ad istinto ciò che mi colpisce.

New York, 2009.

New York vista dalle quattro pareti della 511.
Mi viene da vomitare.
Inumana, individualista, avida, sprecona: dura con i deboli e morbida con i forti. L’unico valore sono i soldi, non importa nè come li hai ottenuti, nè come li usi, l’importante è possederli. Dio denaro. La città che molti esaltano come mecca della cultura, della moda, del business, della finanza, a me fa venire i conati tanto da non poter uscire dalla stanza dell’hotel. New York mi sembra una città anacronistica, di un’epoca passata che ha avuto il suo apice fra gli anni ‘80 e i ‘90 del secolo passato: ‘Chi vince bene, gli altri si fottano’. I riscaldamenti a benzina sparati a 30°C e le finestre aperte sulla primavera per non fare la sauna negli uffici; le automobili da 5000 cc. di cilindrata prodotte da costruttori in bancarotta che chiedono soldi al governo federale per non morire; enormi grattacieli che si fanno ombra l’uno all’altro dai quali vedi il cielo solo se hai fatto carriera; masse di turisti scatenati per le starde a fare shopping, intenti a sfruttare tutte le offerte possibili anche se non hanno bisogno di ciò che viene scontato. Sono sull’asse del cesso che scarico in forma liquida tutto quello che mi genera ciò che vedo. Sono devastato eppur ho ancora le forze per odiare ciò che ho visto in un solo giorno in giro per la Grande Mela. I ricchi vivono lassù, in un ambiente dove regna l’apparente pace e non capiscono ancora bene cosa stia succedendo all’economia mondiale in crisi; la classe media non ha nemmeno il tempo per pensare visto che passa il tempo a lavorare, a mangiare guardando la tv e a dormire sempre più indebitata; i poveri sono talmente fuori di testa che appaiono trasparenti come i fantasmi. La paura e quindi la violenza regano regine. Intanto, solo in camera, scarico ripetutamente sforzandomi di non svenire per tentare di capire che cosa mi vuole dire il mio corpo. Tutto sembra essere enorme, esagerato e opulento. New York è l’ultima capitale, l’esempio più estremo, della cultura occidentale, la cultura del ricco nord del mondo, basata sull’avidità, sul dominio di pochi a discapito della maggioranza. Una metropoli anacronistica che non riesce a cambiare per adattarsi ai nuovi tempi e allora rimpiange l’epoca d’oro appena passata. Illusione di massa. È tornata la moda anni ‘80: vestiario, locali, musica, arte, letteratura, film e droghe varie per evadere dalla grigia realtà. Faccio violenza a me stesso. Continuo ad andare in bagno, ma ormai non ho più nulla dentro di me da scaricare. Cosa mi succede? Perchè sto così male? Non voglio crollare: sarebbe troppo facile svenire, scappare. Rimani qui per sentire cosa succede dentro il tuo corpo: cosa mi vuole dire il mio organismo? È una vita che somatizzo le tensioni sul mio apparato digerente: è l’occasione per capire perchè mi faccio tanto male. “L’intestino è molto innervato, come un secondo cervello. A me sembra che tu faccia così quando hai paura o quando ti incazzi. Forse hai paura.” mi scrive il mio medico. Paura? Io? Ma che cazzo sta dicendo? È vero solo che sono incazzato come una bestia con questa città. E scarico dinuovo fino a non avere più forze: crollo sul letto. Mi viene da piangere: perchè sto così male? Che cazzo me ne frega di New York? Che si fotta la città intera e mi lasci in pace. Che minchia rappresenta per me questo buco di culo di città? Mi viene d’istinto in mente il mio nonno paterno: un ladro col colletto bianco che valutava la gente solo in base ai soldi, ma che si vendeva come una brava persona. Tanta volontà di testa; nessuna volontà di cuore. A New York ho ritrovato la mentalità tanto odiata del mio antenato: l’ideologia del successo quantificabile solo in accumulo di denaro e la razionalità spinta all’eccesso che ha ucciso i sentimenti del cuore. Tutto soldi e apparenza. Sono sull’asse del water un altra volta. Sto male, quindi, per gli odi che continuo a perpetuare dentro di me verso immagini di vita passata. Odio verso i miei parenti e verso la mentalità di un epoca passata che mi è stata trasmessa quand’ero piccolo, ma che, evidentemente, ancora mi appartiene. “Lasciatemi andare, porci demoni! Lasciatemi vivere la mia vita, voi appartenete al passato! Fuori da me!” Povero me, mi distruggo lo stomaco come un bambino con quest’odio devastante che alimento verso i miei antenati. “Lasciali andare tu, Andrea! Lascia che i tuoi parenti possano volar via con i ricordi delle loro vite impregnate delle epoche che hanno vissuto. Abbandona gli odi che trattieni dentro e inizia a vivere la tua vita, qui e adesso!”. Alla fine anche i miei antenati erano degli esseri umani... mi addormento esausto. Mi sveglia una ragazza messicana, molto timida, ‘verguenzosa’, quasi sottomessa, la signora delle pulizie, che alle sette di sera, vorrebbe fare la stanza. Perchè no? Esco, vado a farmi un giro. Dopo quasi 48 h. che non tocco cibo, ho più forze di quelle che potevo immaginarmi. Fra Broadway e la 103°tutto mi appare meraviglioso. Il venditore di limoni dell’angolo, i locali per gli studenti della Columbia, i sorrisi delle persone che incrocio ed il campo da calcio dove mi fermo, quasi senza più riuscire a stare in piedi a guardare la partita. È sabato, già non c’è più il sole sulle strade, ma nel mio cuore è appena spuntato. Aveva ragione il mio medico. Sono come un bambino abbandonato in mezzo ai grattacieli di New York durante una tempesta di lampi e tuoni. Ho avuto paura tutta la vita e non lo sapevo. New York me lo ha fatto scoprire.
Grazie.